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pubblichiamo in anteprima per gentile concessione della
rivista
Timour Timofeev CONTRADDIZIONI VECCHIE E NUOVE
La globalizzazione è un fenomeno multiforme in termini di
tendenze, prospettive, sfide che propone e possibili risposte che ne
derivano. Lo stesso vale per l’analisi dei suoi prerequisiti e delle forze
trainanti. La natura contraddittoria di questi processi dà origine a
valutazioni equivoche e a posizioni divergenti. Una posizione interpreta
la globalizzazione come fenomeno prevalentemente economico, che si esprime
soprattutto in aumento delle interrelazioni economiche, finanziarie e
commerciali. Alcuni ricercatori invece preferiscono affidarsi più
frequentemente a concetti quali globalizzazione dell’economia,
globalizzazione finanziaria, ecc. Altri autori ancora danno maggiore
importanza ai problemi politici e sociali della globalizzazione, inclusi
il ruolo delle nazioni, l’evoluzione delle posizioni delle istituzioni
intranazionali, non governative ed altre organizzazioni, nelle fasi di
cambiamento e delle nuove alleanze politiche e coalizioni che si sono
sviluppate. Anche recentemente una prestigiosa pubblicazione londinese ha
riconosciuto che comprendere quali siano le prospettive della
globalizzazione dipende in maniera sostanziale anche da fattori politici.
Per esempio, facendo riferimento alla sfavorevole percezione della
globalizzazione che si era avuta nel 1999 a Seattle, ed in seguito alle
proteste di massa in varie città del mondo, un osservatore dell’Economist,
A. Wildridge, ha affermato che al momento attuale le società
multinazionali ed i loro sostenitori sono costrette a operare in un
ambiente politico molto più indeterminato. Altri, e forse sono la
maggioranza, preferiscono avere una visione più generale e in un contesto
globale della civiltà. Essi la interpretano come una combinazione di
processi che testimoniano la crescita di una singola megasocietà nel mondo
moderno e l’inizio di un nuovo stadio nello sviluppo della civilizzazione.
Costoro trattano la globalizzazione come una forma nuova di
internazionalizzazione e di integrazione della vita sociale. Ciò facendo
danno enfasi particolare all’immenso ruolo che hanno avuto i radicali
sviluppi tecnologici e i cambiamenti prodotti dal progresso scientifico e
tecnologico in tutti i campi, dalla rivoluzione informatica alla
biotecnologia, alla creazione di nuovi materiali, ecc. Una unica società
postindustriale sta sviluppandosi a grande velocità. Questo richiede che
molti Paesi modifichino i loro modelli di sviluppo per assicurarsi un
futuro stabile nella nascente civiltà globale. La diversità di vedute
riflette la natura contraddittoria sia delle sfide della globalizzazione
che della risposta del mondo civile.
Tra le molte contraddizioni
dei processi di globalizzazione (e delle loro ripercussioni) faremo cenno
almeno alle seguenti: 1. La contraddizione tra interessi generali
dell’umanità e specificità nazionali (etniche); tra globalizzazione e
potere dell’identità:la lotta per l’autodeterminazione dei popoli, delle
comunità nazionali e sociali, e degli individui. 2. I problemi di
compatibilità o incompatibilità di differenti civiltà e le prospettive di
possibile interazione tra di loro. (Si può ad esempio fare riferimento ai
concetti di F. Braudel, N. Elias, L. Reisner, Y. Yakovets, ecc.). Questi
problemi non si riducono, anzi si aggravano durante periodi di accelerata
globalizzazione. 3. La contraddizione tra movimenti verso
omogeneizzazione e diversificazione; tra unificazione e frammentazione;
tra integrazione (regionale) e altre tendenze divergenti. 4. Le
contraddizioni che nascono dal carattere non omogeneo dello sviluppo
mondiale; dalla polarizzazione socioeconomica e dalle disuguaglianze (le
sperequazioni di reddito, l’abisso di gap informatico, ecc.) tra ricchi e
poveri. 5. La contraddizione tra crisi ecologica globale e le attività
per portare avanti obiettivi prioritari nei programmi sull’ambiente e lo
sviluppo sostenibile. 6. Il predominio e il ruolo guida delle società
multinazionali sull’economia globale nell’era dell’informazione, che ha
avuto serie conseguenze sulla vita socioeconomica e politica
internazionale.
Si aggravano molti problemi della società civile,
problemi di partecipazione sociale e di controllo a vari livelli. Siamo
d’accordo con Samir Amin, col prof. Nye ed altri autori che pongono la
contraddizione tra mondializzazione e democrazia tra i più importanti
aspetti del nostro tempo. Ritengo necessario puntualizzare nuovamente che
le contraddizioni insite nell’attuale globalizzazione accelerata possono
manifestarsi talvolta in maniera diversa tra una regione e l’altra - con
infrastrutture e livelli di sviluppo industriale e tecnologico diversi. Le
forme e il contenuto di queste contraddizioni dipendono da molti fattori.
Fra questi: gli aspetti principali del modello di civilizzazione e le
caratteristiche socioculturali, naturali, economiche, demografiche e le
altre condizioni. Inoltre le capacità e il potenziale delle diverse
comunità come pure delle forze sociali, dei movimenti e delle
organizzazioni che rappresentano i loro interessi, e anche i compiti a
breve, medio e lungo termine che si sono proposti. Di grande importanza
sono le nuove direttive di ricerca interdisciplinare su queste
problematiche. Come hanno messo in evidenza F. Braudel e A. Toynbee, gli
studi delle civiltà, compresi i periodi nei quali l’umanità era in crisi,
(e, vorrei aggiungere, lo studio delle dimensioni in termini di civiltà e
delle contraddizioni della globalizzazione) coinvolgono molte scienze:
storia, filosofia, sociologia, politica, geopolitica, economia,
geoeconomia, ecologia, ecc. Vogliamo ricordare ancora una volta che, come
dice F. Braudel, studiare le diverse civiltà significa allo stesso tempo
analizzare i loro aspetti come società e culture, come aree geografiche,
economie, modi di pensare, con le loro continuità storiche. Possiamo forse
dimenticare tutti questi fenomeni mentre alcuni interpretano la
globalizzazione come un processo che si evolve verso una cultura unica e
l’unificazione di culture e civiltà diverse? Sono evidenti le
contraddizioni tra coloro che credono in una visione integrale della
globalizzazione (che potrebbero pensare che l’intero sviluppo dell’umanità
non sia altro che la storia della globalizzazione) e coloro che concludono
che la globalizzazione è sì importante, ma non è l’aspetto caratteristico
generale dell’economia multisettoriale del mondo. Molti (e di dimensioni
diverse) sono i livelli di analisi dei processi di globalizzazione nel
contesto dello sviluppo della civiltà: filosofico, economico (e
geoeconomico), storico, di scienze politiche, geopolitiche,
socioculturali, ambientali, ecc. Uno degli aspetti importanti delle
ricerche interdisciplinari è lo studio dei fenomeni connessi con la crisi
della civiltàe le sue conseguenze.La civiltà moderna è in una fase critica
del suo sviluppo. Già oggi si possono vedere i contorni di un mondo umano
nuovo che si sta formando tra le contraddizioni e le tensioni della nostra
epoca. Infatti i rapidi cambiamenti nel campo dell’ingegneria e della
tecnologia, insieme al progresso scientifico e tecnico, stanno modificando
radicalmente l’ambiente materiale in cui viviamo. Allo stesso tempo si
stanno sviluppando forme completamente nuove di cooperazione nel lavoro
umano, nuove tipologie di comunicazione, capaci di classificare e
collegare le informazioni, creando contatti e rapporti all’interno della
comunità umana, nuovi legami tra varie tradizioni culturali. La storia
dell’umanità sta diventando sotto i nostri occhi una storia globale.
Precedentemente era una storia di popoli separati, di tribù e di regioni,
una storia di sfere separate e ampiamente autonome, della cultura, della
tecnologia, della scienza, della poesia, della filosofia, della religione.
Adesso invece la storia sta diventando una storia globale e
unita: tutto quanto accade nella vita di nazioni e popoli separati
influenza il mondo intero; quello che accade in un settore della società
ha immediate ripercussioni su tutti gli altri. L’umanità nelle sue
dimensioni fondamentali sta diventando una cosa unica, malgrado le
differenze in aumento. È un fatto innegabile che la fusione di numerosi
sottosistemi e sfere di vita associata, di tradizioni, di culture e di
tendenze storiche nazionali, in un unico flusso impetuoso, significhi
progresso. Due forme fondamentali di civiltà possono essere identificate
nella storia dell’umanità: tradizionale e tecnologica. Ognuna di esse si
realizza in varie forme sociali specifiche. Il noto storico Arnold Toynbee
distingue e definisce ventuno civiltà diverse nella storia dell’umanità.La
maggior parte di esse appartiene alla categoria delle società
tradizionali. Queste società sono caratterizzate dalla presenza di
tendenze conservatrici molto resistenti nella propagazione di relazioni
sociali e nel corrispondente modo di vivere. Certamente anche le società
tradizionali subiscono dei cambiamenti, con innovazioni nella sfera della
produzione, della regolamentazione dei rapporti sociali, ma l’accumularsi
dei progressi nel campo delle conquiste di civilizzazione è molto lento.
La civiltà tecnologica per sua natura si definisce come un tipo di società
che modifica in continuazione i suoi principi fondamentali. Pertanto la
generazione continua di nuove strade, idee e concetti viene sostenuta ed
apprezzata in questo tipo di cultura. Soltanto alcune di queste novità
possono realizzarsi nelle condizioni attuali, mentre le altre appaiono
come programmi possibili di azioni future, per le future generazioni.
Nella cultura delle società tecnologiche si possono sempre trovare idee e
valutare orientamenti che offrono alternative ai giudizi di valore
predominanti. Ma nell’attuale vita della società possono non giocare un
ruolo decisivo, e rimanere alla periferia della coscienza sociale senza
penetrarvi fino a influenzare le masse . I rappresentanti delle
diverse forze politiche e delle varie organizzazioni hanno approcci
diversi ai problemi generati dal processo di globalizzazione. A volte
sembrano esprimere concezioni ideologiche e teoriche diametralmente
opposte per interpretare i processi che si sviluppano nel mondo
globalizzato.
Queste concezioni comprendono principalmente: •
le teorie degli economisti neoliberisti che esaltano soprattutto la
globalizzazione dei mercati e i processi per la formazione di una nuova
società globale su tale base; • le idee dei conservatori isolazionisti
che criticano i moderni meccanismi di globalizzazione. (Esempi tipici si
ritrovano nelle opinioni di conservatori americani come Buchanan); •
le interpretazioni dei riformisti sui processi che avvengono in un mondo
in evoluzione, centristi (socialdemocratici, ecc.), teorie sul bisogno di
umanizzare e democratizzare la comunità globale ed altri concetti simili
portati avanti dai moderni ideologi della Chiesa Cattolica Romana e di
molte altre confessioni religiose; • le critiche dei radicali di
sinistra alle società multinazionali ed alle attuali forme di
globalizzazione in generale, e la ricerca di metodi e vie alternative per
lo sviluppo globale.
Tra le complesse questioni che a questo
proposito attirano l’attenzione, occorre anche far presente l’influenza
reciproca della globalizzazione dell’economia e dei processi di sviluppo
della società civile. Non si può ridurre la globalizzazione
all’imposizione di un modello unico di sviluppo per tutti i paesi del
mondo, indipendentemente dalle loro differenze culturali.
Contemporaneamente, il ruolo delle diverse culture e dei valori
etico-religiosi dei vari popoli nello sviluppo dell’umanità deve essere
studiato in maniera più approfondita e con maggiori dettagli. Un compito
importante sta nel comprendere come le contraddizioni vecchie e nuove sono
tra di loro correlate, fino a qual punto possono influenzare il cammino
dello sviluppo (nel mondo, nelle varie regioni e nazioni) nei prossimi
anni e decadi. Queste nuove sfide richiedono misure e risposte
scientificamente provate, soprattutto alla domanda di quale ruolo hanno
avuto e hanno ancora le vecchie e nuove idee politiche e dottrine sociali,
che sono emerse a suo tempo sotto la spinta di certe forze sociali.
L’aggravarsi di varie crisi – socioeconomiche, finanziarie, politiche e di
civiltà – e il loro combinarsi in vari modi, potrebbe portare ad una
maggiore instabilità. Problemi fondamentali tornano ad essere al centro di
tensioni sociali e contrapposizioni ideologiche e teoriche. Tra queste vi
sono quelle collegate con la valutazione del ruolo dello stato e delle
forme e metodi dell’ordinamento di governo (tenendo conto delle esperienze
nel seguire metodologie socialdemocratiche e neoliberali). Queste
comprendono diversi modi di trattare le cause e l’essenza delle crisi
sistemiche e i modelli di sviluppo delle società in transizione. Il
problema della correlazione tra stabilità e trasformazioni sociali merita
anch’esso particolare attenzione. Come sappiamo, i cambiamenti nella
società possono essere diversi – di progresso o di regressione,
evoluzionari o rivoluzionari, impetuosi o striscianti. Alcuni di essi,
supportati e guardati con simpatia dalla gente, si realizzano abbastanza
velocemente e in maniera indolore, mentre altri, soprattutto quando
imposti alle masse popolari contro la loro volontà, possono essere fonte
di pesanti conseguenze, qualunque fosse l’intenzione primitiva degli
iniziatori e delle forze che li sostenevano. Un’analisi completa delle
dinamiche della presa di coscienza delle masse e del loro comportamento è
di importanza fondamentale. Come possono cambiare sia oggi che in futuro,
come potrà la spinta verso il dialogo e la collaborazione essere acquisita
da larghi settori della popolazione, superando le irrazionalità e
l’incapacità di prendere in considerazione gli interessi degli altri
gruppi sociali e i punti di vista dei propri vicini? È essenziale capire
se le società contemporanee e la comunità mondiale possono muoversi nella
stessa direzione. Per poter rispondere a queste domande bisogna analizzare
i prerequisiti e le prospettive di sviluppo sociale nel XXI secolo. Le
trasformazioni in corso all’inizio del nuovo millennio portano a galla non
solo contraddizioni e conflitti ma anche opportunità (di cui alcune nuove)
per risolverli. Ed è per questo che rimane la fiducia che sforzarsi ad
un’attività creativa e cercare un accordo non è solo un ideale, ma anche
una serie di misure specifiche (in particolare nella sfera socio-politica,
nell’insegnamento, la scienza, la cultura) che devono essere prese ai vari
livelli: locale, nazionale e globale. Una grande influenza viene
esercitata dalle caratteristiche dell’evoluzione delle varie culture, le
tradizioni storiche dei Paesi, le particolarità delle forme ed espressioni
delle trasformazioni sociali, che hanno avuto luogo nei vari periodi, lo
sviluppo nel nostro tempo dei processi democratici e il grado di
partecipazione dei cittadini alla vita politica. Forti sono le pressioni
per trovare strade e mezzi per risolvere i conflitti, la ricerca
sistematica delle varie contraddizioni, le loro cause e conseguenze.
Questo è vero anche per i metodi di soluzione dei conflitti in campo
economico e politico. Nel mondo moderno vi sono forze sociali, partiti,
organizzazioni ambientaliste, confessionali, femministe, giovanili, ed
altre, che hanno accumulato esperienza in questo campo. Un ruolo
importante è stato anche dedicato al rinforzarsi del sistema delle Nazioni
Unite e l’espansione dei suoi collegamenti con le organizzazioni non
governative. Queste istanze sono state discusse in una speciale Assemblea
delle Nazioni Unite nel 2000, dedicata al terzo millennio e
contemporaneamente al Forum mondiale delle Organizzazioni non governative
(Ong), tenuto in parallelo con l’Assemblea delle Nazioni Unite. Durante
queste riunioni ed altre conferenze internazionali e nazionali, con la
partecipazione di politici, studiosi e personaggi della cultura, emergono
i requisiti fondamentali per uno sviluppo più intenso del movimento
globale, per rinforzare i legami e le interazioni tra civiltà, per la
transizione dalla violenza e dalle guerre verso la cultura della pace,
della non-violenza, del dialo go. Questo viene anche facilitato dagli
sforzi delle Ong (incluse quelle ecologiche, sociologiche, economiche,
politiche), che allo stato attuale sono quelle che esaminano in maniera
più approfondita gli esiti della trasformazione dell’attuale ordine
mondiale, soprattutto nel contesto delle sfide alle quali sono sottoposte
la comunità mondiale, nazionale, regionale e le altre istituzioni,
movimenti sociali e organizzazioni. È opinione diffusa in vari Paesi che
nel mondo contemporaneo effetti positivi e negativi della globalizzazione
accelerata sono distribuiti in maniera non omogenea e in gran parte
ingiusta. Non è una coincidenza che si sollevino voci a chiedere di
modificare il paradigma dello sviluppo della globalizzazione, sulla base
di principi democratici più avanzati nelle relazioni internazionali.
Illustri esperti sono convinti che dovrebbero poi seguire riforme
sostanziali delle istituzioni economiche e finanziarie internazionali.
Questa opinione è stata espressa in un recente rapporto (preparato
nell’ambito del Programma di Sviluppo dell’Umanità delle NU), dedicato
allo sviluppo della civiltà. I suoi autori ritengono che il mondo
globalizzato ha bisogno di nuove istituzioni per risolvere problemi che
non sono trattabili a livello di nazioni separate. La globalizzazione è
una miscela complessa di vari processi che possono produrre conflitti.
Questo punto di vista è condiviso da molti sindacalisti e partecipanti di
vari movimenti (soprattutto di centrosinistra). La pressione della
globalizzazione e delle produzioni povere, la forza di trasformazione
delle nuove lotte, dice K.Moody, stanno spingendo la classe lavoratrice e
le sue organizzazioni verso una maggiore contestazione. La situazione può
essere più favorevole ad un dibattito su una unità di direzione dei
lavoratori a livello mondiale, ma questo richiede una lotta. È necessaria
una corrente internazionale per portare avanti le idee e le azioni di un
movimento sindacale globale. Il materiale per una corrente di questo tipo
è già a portata di mano in sindacati come quello sudcoreano, sudafricano,
brasiliano e altre nuove organizzazioni sindacali […] (per esempio in
Asia, in America Latina, in Nord America, Francia, ecc.).
3.L’intensificarsi della globalizzazione, che non è un fenomeno puramente
economico, porta ad aggravare le contraddizioni sociali ed i problemi di
democrazia, sia politica che economica, a livello sia nazionale che
regionale e transnazionale. I diversi aspetti di questi problemi sono allo
studio da parte dei partecipanti al programma internazionale di ricerca su
Sfide della Globalizzazione; Questioni Socio-politiche e Movimenti
Sociali. 4.Nell’ambito di questo programma molta attenzione viene data
non solo alle conseguenze della globalizzazione (e come sta modificando la
vita della gente), ma anche all’analisi della sua dimensione politica e
socio-culturale, delle connessioni con il progresso tecnologico, la
rivoluzione informatica e la sua influenza sulle relazioni industriali, la
democrazia partecipativa nel contesto dell’evoluzione delle idee
neoliberiste, dei sindacati, dei nuovi socialisti ecc. All’inizio del XXI
secolo molti sono i fatti e le idee che riecheggiano l’aumento della
preoccupazione di uno sviluppo contraddittorio della globalizzazione. Si
cerca di creare nel nuovo millennio un sistema di relazioni economiche e
politiche più civilizzate, di incoraggiare la cooperazione con vantaggio
reciproco tra i singoli paesi, di arricchire gli altri popoli con le
proprie esperienze e valori.
1.Molti studiosi di
sociologia, economia, scienze politiche, condividono questa opinione (tra
cui I. Wallerstein, L. Abalkin, A. Panarin ed altri). 2.Vedi Timofeev
(editor), Cambiamenti Sociali e Cultura della Pace. Pubbl. Ves Mir, Mosca
2000, pag.148-149. 3.Kim Moody, Workers in a Lean World. Unions in the
International Economy Verso Londra-New York 1997, pag. 289. 4.Questo
programma è stato avviato da molte organizzazioni in Europa, Asia, e
America. Viene coordinato dall’Istituto internazionale per i problemi
prospettici sullo sviluppo socio-culturale e politico, il cui presidente è
il prof. Timofeev. Indirizzo: 9 - A. Kolpachny per. Moscow-Center, 101831,
Mosca, R.F.
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